La questione affrontata in alcune Università Italiane è stata: Perché un evento diviene clamoroso e punto centrale dell'interesse mondiale quando ogni giorno ve ne avvengono di simili?
Ascoltando la reazione dopo Parigi in Brasile la questione si evolve così: perché qui ogni giorno vengono sterminati Neri e nessuno piange, siamo meno importanti?
E' una questione di vicinanza, e la vicinanza è una relazione, e come ogni relazione questa è costruita, vuol dire che non è nata in noi così come è oggi, ma la relazione si trasforma sempre.
La relazione impone un Io e un Voi e se anche siamo distanti la relazione impone qualche punto di contatto, altrimenti non vi conoscerei.
Allora una domanda che oggi dovrebbe porsi l'Occidentale sarebbe: perché Io mi sento più vicino ad alcuni fatti, perché piango per alcuni eventi e di altri non mi importo, ma anche, perché la stampa da più rilevanza a questo evento quando poco tempo fa sono morte più persone, e sinceramente, non vi è stata nessuno interesse mediatico?
Ma allora diamo più rilevanza alle morti di Alcuni e diamo meno importanza alla morte di Altri? Come funziona questo gioco?
E' proprio nel pensare di avere una risposta a tutto che celiamo il vuoto, un vuoto che non è vuoto perché finisce per descriverci. E' nel pensare di sapere che si sbaglia, è nel criticarsi che, invece, si ci evolve.
Ogni giorno nel mondo muoiono ingiustamente vite, nessuna è morta giustamente, sono tutte venute a mancare per motivi non giustificabili, e la maggior parte sono per mano altrui, ma di queste storie non si mai nulla o, meglio ancora, non ne vogliamo sapere proprio nulla.
Noi siamo quelli che piangiamo con gli spettacoli del dolore, nel clamore d'un evento ci raccogliamo, ma se un evento è clamoroso o degno di nota, ah, questo a chi spetta? V'è bisogno d'esame di coscienza.
